Il Garante a Google: la dove un individuo può essere identificato indirettamente, e non solo con il nome o cognome, va comunque applicata la legge sulla protezione dei dati e, nella fattispecie, il diritto all’oblio.
È quanto ha stabilito il Garante per la protezione dei Dati Personali nel provvedimento del 20 giugno 2019 con il quale ha ingiunto a Google LLC di rimuovere una chiave di ricerca.
I fatti.
l diritto all’oblio è stato invocato da un professionista, il Signor XX, che risultava identificabile chiaramente sul web non per il suo nome e cognome ma per la carica di presidente di una cooperativa.
Il Signor XX ha rappresentato di aver già chiesto e ottenuto da Google LLC la rimozione degli URL relativi ai risultati delle ricerche correlate al suo nome e che, la stessa, si è rifiutata tuttavia di rimuovere un’altro URL reperibile digitando non il proprio nominativo ma il riferimento alla propria qualifica di Presidente della Cooperativa XX.
Inoltre, si legge nel provvedimento, l’interessato è pienamente legittimato a chiedere, in base all’art. 17 del Regolamento, la rimozione anche dell’altra URL, considerato che la disciplina generale in materia di protezione dei dati personali trova applicazione nei confronti dei soggetti identificati e/o identificabili (ai sensi del Considerando 26 e dell’art.4 del Regolamento) ed essendo egli stesso, direttamente ed inequivocabilmente, identificabile quale presidente della Cooperativa nella quale svolge da anni la sua attività lavorativa.
Peraltro l’URL contestata è riferita ad una notizia non più attuale in quanto relativa a fatti, un rinvio a giudizio, avvenuti più di dieci anni fa e non più aggiornata (essendo sopravvenuta una sentenza definitiva di assoluzione nel 2015), la cui permanenza in rete rappresenta fonte di un gravissimo, attuale e irreparabile pregiudizio alla reputazione personale del Signor XX.
Il Garante rileva che la peculiarità della situazione rappresentata dal Signor XX è degna di essere presa in considerazione, in quanto l’URL in questione risulta l’unico riferimento non aggiornato alla vicenda, avendo Google rimosso tutti gli altri aventi contenuto analogo.
L’Autorità aggiunge che la stessa Google LLC non ha rappresentato “motivi legittimi cogenti” per procedere ulteriormente al trattamento dei dati del Signor XX .
Infatti l’articolo 21 del GDPR afferma che: “Il titolare del trattamento si astiene dal trattare ulteriormente i dati personali salvo che egli dimostri l’esistenza di motivi legittimi cogenti per procedere al trattamento che prevalgono sugli interessi, sui diritti e sulle libertà dell’interessato oppure per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria”.
A sua difesa Google ha sostenuto l’inammissibilità della richiesta di deindicizzazione per chiavi di ricerca che non includono il nome e il cognome di una persona fisica alla luce dei principi formulati nella sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12) e successivamente precisati dal WP29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014.
La posizione del Garante.
Il Garante, di parere nettamente opposto, rileva che, tenuto conto della definizione di “dato personale” fornita dall’art 4 del GDPR (qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile), l’URL si riferisce inequivocabilmente alla persona del Signor XX, dato che ricopre la carica di presidente della cooperativa da molti anni e come tale è ampiamente noto.
La ricerca condotta facendo riferimento alla posizione costituisce pertanto un trattamento di dati personali.
Il Garante ha ingiunto quindi a Google LLC di rimuovere, nel termine di venti giorni dalla ricezione del provvedimento, l’URL indicato nell’atto di reclamo quale risultato di ricerca reperibile in associazione al dato “Presidente Cooperativa XX/Presidente XX”.
Inoltre invita Google LLC a comunicare quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto prescritto.
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